Venerdì, 29 Marzo 2024

E Eventi

Festa del fischietto in Terracotta 16-17 Gennaio

L’antica e tradizionale Festa di Sant’Antonio Abate di Rutigliano un tempo era assiduamente frequentata dagli abitanti della vicina Noicattaro che il 17 Gennaio di ogni anno giungevano a frotte, anche a piedi, per onorare il Santo venerato in una cappella cinquecentesca edificata sul ciglio della strada che collega ancora oggi i due limitrofi centri.

Secondo una antica leggenda, il quadro del Santo sarebbe appartenuto in tempi lontani ai Noiani, i quali durante una grave carestia, lo avrebbero barattato per un cesto di fichi secchi. Quella di Sant’Antonio Abate è una festa popolare dai molteplici significati, le cui origini si perdono nel tempo, legata a usi e tradizioni (oltre a quella celeberrima dei fischietti di terracotta) ancora oggi radicate, anche di tipo gastronomico. È noto, infatti, che il 17 Gennaio nelle case e nei ristoranti di Rutigliano si faccia abbondante consumo di brasciole, involtini di carne equina, possibilmente di asino, ripieni di spezie varie.

Un tempo le brasciole (attenti: con la “s”, per non confonderle con le “braciole” che sono tutt’altra cosa…) venivano cotte il giorno prima e tenute al caldo in tegami di terracotta avvolti da spessi panni, perché a Rutigliano il 17 Gennaio si evitava di accendere il fuoco (e quindi cuocere), per rispetto di Sant’Antonio Abate che secondo una leggenda locale, avrebbe salvato la vita ad un uomo divorato dalle fiamme.

L’asino utilizzato per le brasciole, un tempo era in realtà la “mula”, fedele compagna di lavoro del contadino, che quando era avanti con gli anni e le sue forze inesorabilmente si indebolivano, veniva sostituta da una “collega” più giovane, condotta a ricevere la benedizione da Sant’Antonio Abate il giorno della festa: ancora oggi in ricordo di tale usanza, si assiste, durante il seguitissimo rito della benedizione degli animali, nel pomeriggio del 17 Gennaio, alla “cavalcata dei cavalli e delle mule di Sant’Antonio Abate”.

Poiché un tempo, nella civiltà contadina, nulla veniva giudiziosamente sprecato, la mula vecchia, ormai prossima alla fine dei suoi giorni, veniva condotta al macello per essere trasformata, appunto, in squisite “brasciole”, da consumare in onore di Sant’Antonio Abate. Il tipico menù di questa festa, oltre alle brasciole comprende il grano (in tempi recenti spesso sostituito dalle orecchiette o dai cavatelli) cotto nello stesso saporito sugo in cui vengono cucinate le brasciole, un delizioso intingolo di salsa di pomodoro verace arricchito da spezie e ortaggi locali; immancabili sulla tavola i marange (agrumi di stagione), i castagn du prevt (castagne dette “del prete”), i cic-r (ceci al tufo), i chiacoun (fichi secchi ripieni di mandorle), olive, taralli e i pirciedd (piccole frittelle rigate che nella forma ricordano i maialini, gli animali tradizionalmente legati al culto di Sant’Antonio Abnate). Il tutto innaffiato, ovviamente, dal robusto vino rosso locale (u’meir tust).

 

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